Pubblicata su Jacobin in inlese il 25 aprile 2021 |
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Oggi (25 aprile 2021 n.d.t.) gli italiani commemorano la vittoria dei partigiani sul fascismo, ma in anni recenti una campagna di destra ha tentato di equiparare le azioni dei fascisti che hanno iniziato la guerra con quelle dei combattenti della resistenza che hanno contribuito a finirla. |
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Nel 2004 il governo di Silvio Berlusconi ha introdotto la “Giornata del Memoria" in onore degli "esuli italiani e vittime delle foibe". Queste commemorazioni sono dedicate ai profughi italiani che hanno lasciato il territorio jugoslavo tra il 1945 e il 1960, nonché a quelli uccisi nell'ambito dell’ondata di violenza seguita all'armistizio. Le foibe sono voragini in cui furono sepolti molti corpi. Da allora, questa "Giornata della Memoria" continua a essere celebrata ogni 10 febbraio, due settimane dopo la Giornata internazionale della memoria dell'Olocausto. Per quasi due decenni, questa "Giornata della Memoria" è servita da pretesto alla destra e all'estrema destra per presentare un genocidio parallelo, quello degli italiani, presumibilmente ignorato dagli storici durante la Guerra Fredda. Storici revisionisti e ideologi di destra parlano di 4.500 morti e di 250.000 profughi come vittime della "selvaggia violenza comunista". Ogni volta che si parla di crimini fascisti, la "destra plurale" non manca di menzionare questo presunto genocidio dimenticato, quasi a compensare il bilancio delle massacri commessi dal regime di Mussolini. Il libro dello storico Eric Gobetti, “E allora le foibe?”uscito all'inizio di quest'anno, cerca di sfidare questa narrazione ormai onnipresente. Esaminando i meccanismi reali della violenza del dopoguerra, ricolloca gli eventi nel loro contesto. I partigiani jugoslavi non hanno condotto una guerra "genocida" contro gli italiani in quanto italiani; la loro violenza era diretta contro i membri di un regime fascista e di una classe dirigente che invasero la Jugoslavia nel 1941 in alleanza con la Germania nazista. Il libro di Gobetti è stato attaccato da politici e media di destra, che gli rimproverano di aver introdotto l"ideologia" nella narrativa di vittimizzazione che invece preferiscono; ci sono state perfino minacce contro la sua famiglia. Il suo crimine è quello di situare la violenza della fine della guerra nel contesto dell'occupazione in tutto e per tutto coloniale delle terre jugoslave da parte dell'esercito italiano: ventinove mesi durante i quali le truppe italiane hanno ucciso centinaia di migliaia di civili. Il fatto che tale aggressione passi ormai praticamente sotto silenzio dà la misura dello stato attuale del dibattito storico in Italia - e accompagna l'ascesa del partito neofascista Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni. Di fronte alle menzogne e agli attacchi contro Gobetti, all'inizio di aprile, in occasione dell'ottantesimo anniversario dell'invasione dell'Asse in Jugoslavia, più di 140 storici e rappresentanti di gruppi della società civile hanno pubblicato una lettera aperta sul quotidiano La Stampa di Torino affinché siano riconosciuti ufficialmente i crimini fascisti perpetrati in quel paese. |
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S. Se permetti, vorrei iniziare dalla fine, o meglio dall'inizio: il titolo del tuo libro. Perché hai scelto questo titolo? Cosa dice il tuo titolo al pubblico a cui ti rivolgi? E. Il titolo fa riferimento ad un uso strumentale di questo evento da parte della destra neofascista italiana. Con un libro popolare, chiaro e conciso, ho voluto raggiungere un vasto pubblico che non conosce bene la storia, ma che è sottoposto ogni anno alla propaganda neofascista e non sa cosa pensare, come reagire. Ecco, questo libro dovrebbe essere uno strumento per comprendere (rapidamente e ampiamente) ciò che è realmente accaduto e rispondere a questa narrativa falsa e pericolosa.
S. Soffermiamoci un attimo sull'utilizzo del termine "foibe" che allude a un evento storico piuttosto complesso. Perché le foibe? Cosa significa questo termine? Perché pensi non sia appropriato?
E. Le foibe sono cavità carsiche tipiche dell'area geografica dell'Alto Adriatico, si tratta di grotte verticali da sempre utilizzate come luogo di rapida sepoltura in tempo di guerra. Furono quindi utilizzati anche in due periodi di violenza, nel settembre 1943, più che nel 1945. Questa usanza non ha niente a che vedere con i metodi barbarici di uccisione, ma con la conformazione del terreno. L'utilizzo di questo termine per descrivere l'intero fenomeno è strumentale, serve a creare immagini primitive in una prospettiva essenzialmente razzista. In sostanza, aiuta a confermare la descrizione propagandistica di una "pacifica civiltà italiana" (e fascista), attaccata dalla "spietata barbarie slavo-comunista". S. "Per capire la storia, scrivi, bisogna conoscere la geografia." Ci può spiegare come un tale approccio metodologico sia indispensabile per analizzare gli avvenimenti che sono stati impropriamente riassunti con il termine “foibe”?
E. Contestualizzare è il primo dovere di ogni studioso. A partire dall'area geografica in cui un dato fenomeno storico si è sviluppato. In questo caso si tratta di un'area multiculturale, dove da secoli convivono identità linguistiche e nazionali diverse che fra l’altro si sono largamente integrate tra loro. Questo mondo che scompare in 40 anni di violenze, dal 1918, ovvero dall'annessione di quest'area all'Italia in uno uno stato nazionale che sarà presto governato da un regime totalitario. In un contesto così complesso, la violenza si sovrappone a motivazioni nazionali, ma anche sociali, economiche, politiche e ideologiche. Si tratta infatti dell'ennesimo territorio multiculturale europeo che il nazionalismo e la guerra hanno devastato favorendo una radicale "semplificazione etnica", che ha portato in questo caso alla fuga della maggioranza degli italiani negli anni Quaranta e Cinquanta. S. Le diverse componenti del nazionalismo italiano, dal Risorgimento ad oggi, hanno condizionato il rapporto di parte della popolazione italiana con quest'area geografica. Puoi spiegare in che direzione e come?
E. Questi territori costituiscono un obiettivo espansionistico italiano fin dall'unificazione. In epoca fascista, l'area a est dell'Italia era considerata una sorta di "spazio vitale", da cui le popolazioni slave, considerate inferiori, dovevano essere espulse o italianizzate a forza. Questo immaginario razzista antislavo è antico, ma permane ancora oggi nella descrizione mediatica delle foibe, dove i partigiani sono rappresentati grottescamente come barbari, primitivi, bestie sanguinarie. Basta guardare i film su questi temi (“Il cuore nel pozzo” e “Rosso Istria”), per avere un'idea di quanto sia attuale questo stereotipo razzista. S. Cosa succede "all'improvviso", per riprendere il titolo di uno dei tuoi capitoli, quando l'Italia fascista occupa parte della Jugoslavia? Come definiresti la politica di occupazione italiana?
E. Nella narrazione pubblica, tutto inizia nel 1943. Invece, la guerra in questa regione non fu certo portata dai partigiani jugoslavi, ma dall'esercito italiano che, insieme alla Germania, invase la Jugoslavia il 6 aprile 1941. Le foibe e l'esodo non sarebbero mai accaduti senza questa ingiusta invasione e la spietata occupazione che ne seguì. Alla fine della guerra, la Jugoslavia conterà un milione di morti: di gran lunga uno dei Paesi più colpiti. Alla resistenza jugoslava l'esercito italiano oppose una violenza repressiva simile a quella adottata dai tedeschi in Italia dopo il 1943: devastazioni, distruzioni, cattura di ostaggi, fucilazioni per rappresaglia, esecuzione di prigionieri e campi di concentramento. L'Italia ha internato circa 100.000 jugoslavi, la maggior parte dei quali civili, e circa 5.000 di loro sono morti di fame e privazioni nei campi italiani. È questa pagina oscura che vogliamo dimenticare, questa colossale soppressione che nascondiamo dietro le "nostre" vittime delle foibe. Certo quelle vittime ci sono state, ma appartengono a una stagione di violenza che l'Italia fascista ha portato in questa parte d'Europa, uccidendo per prima migliaia di persone. S. Il tuo libro costituisce un tentativo di smantellare una serie di miti presenti nella narrazione di questi eventi, la “storytelling”, della destra e dell'estrema destra?
E. No, io non cerco di dimostrare alcuna tesi o di proporre una verità diversa. Mi limito a riassumere, in maniera chiara e sintetica, i risultati raggiunti dalla comunità degli storici che da anni si occupano di queste questioni. Nonostante le diverse interpretazioni, tutti gli specialisti concordano su alcuni elementi di base: numeri, date, catena degli eventi, motivazioni. Sono questi fatti, constatati dagli storici, che in pratica confutano la versione comunemente raccontata. Alcuni elementi erano già stati messi in evidenza. Ad esempio, quando si parla di una terra "sempre" e "interamente" italiana, ignorando di fatto tutti gli altri abitanti, che in molte zone erano la maggioranza. O quando si descrive un'aggressione jugoslava "improvvisa" contro la pacifica popolazione italiana, evitando di dire che è stata l'Italia ad invadere la Jugoslavia; o quando si rappresenta una contrapposizione totale tra italiani e slavi, mettendo di fatto in secondo piano l’aspetto politico e militare dello scontro (c'erano 40.000 italiani nella resistenza jugoslava!). Ancor più lampante è la volontà di definire questi eventi come genocidio (con 4.500 vittime su centinaia di migliaia) o pulizia etnica, ignorando le motivazioni prevalentemente politiche e militari della violenza. Infine, si parla dell'esodo (degli italiani n.d.t.) come di uno sgombero forzato, anche se gli esuli hanno notoriamente “optato” legalmente, secondo gli accordi del trattato di pace. Ci sarebbe poi una “cospirazione del silenzio” da parte dei comunisti, quando in realtà l'Italia è sempre stata governata da anticomunisti. Questi sono gli esempi più significativi. S. Quando hai pubblicato il tuo libro, che credo, o almeno spero, abbia avuto un certo successo, sei stato minacciato da gruppi neofascisti, e anche insultato sulla stampa da Giorgia Meloni. A proposito di questi fatti tu giustamente scrivi: "E' normale suscitare le proteste dei neofascisti, quando si fa questo lavoro onestamente, si può anche considerare che sia un merito". (Puoi fare n.d.t.) Una riflessione sull'uso politico della storia e sulla vasta propaganda imposta alla popolazione italiana dalla destra in questi ultimi trent'anni? E. È ormai chiaro che siamo di fronte a un'egemonia politica e culturale di destra che risale almeno all'avvento al potere di Berlusconi, quasi 30 anni fa. Due dei principali partiti politici italiani (Lega e Fratelli d'Italia) si ispirano a modelli politici neonazionalisti e neofascisti. Per anni hanno dominato la scena politico e influenzato le politiche culturali, soprattutto per quanto riguarda la memoria (basti pensare ai film sull'argomento, prodotti dalla Rai). Il tema delle foibe è centrale nella loro strategia politica, in quanto comprende due elementi: serve a rinfocolare il nazionalismo e a rivalutare il fascismo in quanto vittima di una presunta aggressione. Pertanto la "narrazione" che hanno imposto deve essere intoccabile. Questo obiettivo viene perseguito attraverso l'intimidazione (screditare e diffamare, ad esempio con accuse di negazionismo, gli accademici e le istituzioni che li ospitano), le minacce (la violenza, verbale e fisica, è un valore per questi partiti politici) e persino la censura. In Veneto e Friuli è già vietato per legge parlare di foibe se non vengono rispettati alcuni canoni, come le “12.000 vittime” ufficiali, un numero quasi tre volte maggiore della realtà; la stessa cosa si vuole imporre a livello nazionale, con un recente disegno di legge promosso dalla Lega. S. Perché, secondo te, questa questione dal 2004, anno in cui fu istituita la Giornata della Memoria da parte del governo Berlusconi, è rimasta di attualità? Perché sembra che in effetti si stia infiammando ancora di più nell’Italia di oggi?
E. Penso che questo libro detenga il record del più gran numero di recensioni pubblicate prima della sua uscita: almeno 4 recensioni di riviste di destra basate solo sul titolo! A un certo momento, quando gli insulti nei miei confronti erano già ai massimi livelli, ho letto questo commento sui social neofascisti: "State calmi, abbiamo già vinto la battaglia delle foibe". Ebbene, a ben guardare, il 10 febbraio è una ricorrenza incontrastata, politicamente parlando: tutti i partiti sono d'accordo, con lievi sfumature. In effetti, tutti hanno adottato la prospettiva nazionalista, che implica, volenti o nolenti, una decriminalizzazione del fascismo. L'unico dissidio che esiste è quello tra il mondo politico e mediatico da una parte che, con lievi sfumature, celebra questa storia in modo scorretto o unilaterale, e gli storici onesti e coraggiosi, sempre più rari, dall’altra che tentano di mettere in discussione questa Storia. Oggi è più facile e conveniente per tutti adeguarsi a questa Storia distorta ed emarginare le poche voci dissenzienti. Si tratta però di un grave errore politico, perché è in gioco la nostra democrazia, non solo infatti è grave mettere fuori legge gli storici che dicono la verità, ma è anche pericoloso criminalizzare la resistenza e presentare i fascisti come martiri ed eroi. È un percorso che riguarda tutta la classe politica, perché gli onori ai “martiri delle foibe”, molti dei quali erano militari fascisti, vengono tributati ogni anno dalle autorità statali, e non da associazioni private di nostalgici del fascismo. Invece a confronto di questa massiccia convergenza di tutte le forze politiche sul 10 febbraio, è piuttosto il 25 aprile a diventare una ricorrenza “calda”. La Festa della Liberazione viene spesso definita "divisiva" da quegli stessi politici ossessionati dalla falsa narrazione delle foibe che si rifiutano di riconoscere i valori dell'antifascismo. Il che è assolutamente coerente, perché la Storia che offrono sulle foibe è in aperta contraddizione con quella della Liberazione. Semplicemente perché è il risultato di una memoria faziosa, la memoria fascista, che ha comunque conquistato uno spazio dominante nelle politiche della memoria del nostro Paese. In sostanza: se tutti i politici concordano sul fatto che la Resistenza (jugoslava) sia stata un fenomeno criminale e che il fascismo fosse del tutto innocente, è ovvio che il 25 aprile diventa una data "di parte", che viene celebrata solo dai nostalgici dell'antifascismo (assimilato al comunismo) che quindi lo Stato italiano, il 10 febbraio, condanna. Tutto ciò prova una cosa: c'è un tentativo permanente di ribaltare i valori fondanti della nostra Costituzione, i valori della libertà, della democrazia, cioè dell'antifascismo. E nessun partito politico sembra davvero interessato a difenderli. |
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