6 dicembre 2007: strage di 7 operai alla ThyssenKrupp di Torino
6 dicembre 2008: non dimentichiamo tutte le stragi e morti sul lavoro
Oggi
pomeriggio gli studenti livornesi sono di nuovo in piazza per ricordare
la strage di un anno fa a Torino, giustamente la legano alla loro
condizione e ai rischi che corrono visto lo stato di abbandono degli
edifici scolastici, che ha provocato la morte del crollo di Rivoli del
22 novembre di uno studente . Uno striscione studentesco recitava: se
ci ammazzate a scuola, poi non lo potete fare sul lavoro!
Ricordiamo
che il 6 dicembre di un anno fa un rogo sprigionatosi all’ nterno dello
stabilimento ThyssenKrupp di Torino faceva strage di 7 operai. Sette
vite bruciate e sette famiglie lasciate nella
disperazione.
Forte
fu la commozione e l’eco in tutto il Paese. Le massime autorità
dello Stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica Napolitano,
dichiararono che avrebbero fatto l’impossibile affinché stragi come
quella di Torino non fossero più avvenute.
Spenti pian piano i
riflettori dei mass-media, la questione della sicurezza sul lavoro è
sparita dall’agenda politica di governi e parlamenti, sostituita da
quella – montata ad arte - della “sicurezza” nelle città, della psicosi
dell’immigrato stupratore, rapinatore, pirata della strada o altro,
dimenticando che secondo studi della stessa UE, le città italiane sono
le più “sicure” d’Europa…
Ma tant’è, si mandano forze di polizia e
militari nelle città, ma non si fa un passo per garantire incolumità e
sicurezza a chi vive di lavoro. La strage di Torino non è stata la
prima e, purtroppo, non è stata l’ultima: i circa 4 morti al giorno nei
luoghi di lavoro dovrebbero suonare come un sonoro schiaffo per
qualsiasi società che abbia la presunzione di definirsi “civile”. Ma in
Italia no: qui non solo si continuano a varare provvedimenti
assolutamente insufficienti, soprattutto dal punto di vista delle
azioni di contrasto e di sanzione nei confronti delle aziende,
Il
segnale è purtroppo molto chiaro: da un parte si continuano a garantire
condizione di massima redditività delle aziende (cioè massimi
profitti), dall’altra si aumenta la precarietà, si allunga l’orario di
lavoro, si controllano di meno le violazioni in termini di sicurezza,
diminuendo quindi la tutela della salute e dell’incolumità del
lavoratore, così come di chi vive in città o quartieri vicini ad
impianti industriali: ecco che, quindi, l’immigrato che lavora nel
cantiere si trova nella stessa barca con l’operaio Fiat, con l’abitante
di Taranto che respira le polveri tossiche dell’ILVA, o con il
valsusino che rischia di morire di amianto se partiranno i lavori del
TAV…
Ecco perché crediamo che gli studenti non devono essere
lasciati soli nella loro protesta, i lavoratori, le strutture
sindacali le forze che si oppongono allo sfruttamento devono
essere al loro fianco,
come Sinistra Critica cerchremo di esserlo.
Sinistra Critica Livorno