Una valutazione critica del "sindacato è un'altra cosa" - opposizione in CGIL - funzione pubblica di Livorno.
Le politiche di austerità imposte dal governo Renzi e dal
PD prevedono nel settore della Sanità un ulteriore taglio di ben 2,5
miliardi di euro.
In seguito a questo provvedimento la Regione Toscana, a guida Enrico
Rossi, sta attuando tagli e riorganizzazioni e accorpamenti che
inevitabilmente porteranno da subito ad una perdita di efficacia e
di diffusione dei servizi nel territorio.
Questo piano di accorpamento delle ASL, lungi dal suscitare una ondata dichiarazioni ostili ha mosso solo sporadiche prese di posizione nettamente contrarie. Per questo la presa di posizione del Sindacato Italiano Pensionati di Livorno, laddove critica il fatto che tutte le amministrazioni regionali, e quindi anche quella toscana, hanno accettato senza fiatare i tagli imposti da Renzi, è da considerare un atto opportuno e di estrema correttezza che dimostra la possibilità che ci sia quella completa indipendenza da qualsiasi quadro politico esistente che dovrebbe essere l’elemento naturale della CGIL.
Anche nel corso dell'audizione dell'audizione delle
cosiddette parti sociali da parte del consiglio regionale che hanno
preceduto l'approvazione della delibera relativa alla
ristrutturazione di tutto
il sistema sanitario regionale rarissime sono state le critiche
radicali che il provvedimento ampiamente merita.
In quasi tutte le audizioni , praticamente nessuno ha sottolineato
con decisione i punti critici, sia dal punto di vista
dell'organizzazione dei servizi, che dal punto di vista dell'impatto
sociale, qualcuno si è preoccupato solamente di chiedere gli ormai
fantomatici “tavoli di concertazione”.
Ricordiamo come tutti gli studiosi di organizzazione sanitaria
avvertono che gli accorpamenti dei servizi sanitari nella grande
maggioranza dei casi danno luogo a disastri in quanto diminuiscono
la
qualità e la quantità dei servizi, rendendo spesso la loro
organizzazione più farraginosa, senza portare i risparmi auspicati.
A nostro parere un simile disegno dovrebbe suscitare un ampio
movimento di opposizione che dovrebbe trovare i sindacati fra i
protagonisti poiché, fra l'altro, tale riorganizzazione allontana
ancor più di adesso il controllo e la programmazione dei servizi dai
cittadini e la controparte dai lavoratori, accentrando così il
potere nelle mani di tre super-manager nominati e controllati
direttamente dal Presidente della Regione.
Ci si sarebbe aspettato dada parte sindacale una indignata difesa
dei lavoratori quando il presidente Rossi afferma che nella sanità
pubblica toscana esisterebbero migliaia di esuberi fra medici ed
infermieri, accusando implicitamente questi ultimi di scarsa
produttività. A meno che non si voglia pensare che il Presidente
intenda fare autocritica ed accusare se stesso di inettitudine
gestionale e organizzativa.
Si dovrebbe chiedere al presidente come mai allora esistono liste
d'attesa per le prestazioni che a volte raggiungono proporzioni
irreali; forse che i dipendenti del SSR non stanno facendo il loro
lavoro?
E si potrebbe anche chiedergli: come mai sono sempre di più i
lavoratori costretti a saltare i riposi per coprire i turni?
E come mai molti dipendenti, in particolare la maggior parte dei
medici, hanno un arretrato di ferie degli anni precedenti a volte
mostruoso?
Ma ritorniamo sulle proposte di riorganizzazione. Nel più
ampio programma di Rossi per la riorganizzazione del sistema
sanitario toscano, assumono un ruolo importante le Case della Salute
tanto da diventare uno dei pilastri della futura sanità regionale.
Le Case della Salute (CdS) dovrebbero funzionare come una sorta di
grande ambulatorio sui territori e sostituire in alcuni casi i
piccoli ospedali, con evidente perdita di posti letto per altro già
carenti in Toscana e sotto gli indici nazionali.
Nel 2013 le attuali 12 ASL hanno ottenuto dalla Regione Toscana più
di 8,2 milioni di euro per avviare e implementare 54 CdS salendo
così a 94 unità che dovranno divenire successivamente 120.
E’ interessante notare come il 75% dei finanziamenti
vengono erogati non a lavori ultimati ma al momento della
comunicazione dell’avvio degli interventi. Cifre per altro
irrisorie, basta pensare che per la Provincia di Livorno si
finanziano 6 case della Salute per un totale di 630.000 euro, poco
più di 100.000 euro a unità.
Tuttavia queste strutture vengono propagandate come elemento
fondamentale di potenziamento dell'assistenza sul territorio alle
quali sarebbe affidato il compito da un lato di gestire la
cronicità,
facendo diminuire per questa tipologia di assistenza il ricorso al
ricovero con il conseguente risparmio di posti letto ospedalieri,
dall'altro di fornire prestazioni diagnostiche di base e addirittura
prestazioni di pronto soccorso, riducendo così la pressione ai
Pronto Soccorso generali che molto spesso sappiamo essere
insostenibile per cittadini e operatori.
Questo tipo di struttura, che dovrebbe includere un team
multifunzionale (medici di famiglia, infermieri, personale sociale e
amministrativo), è previsto su tre livelli di complessità (base –
standard - complesse) ma fin dalla fine del 2012 (anno del loro
esordio legislativo) ha stentato a costituirsi in tutto il
territorio regionale. In particolar modo nella nostra città non ne
esiste ancora
alcuna, mentre nell'intero territorio dell'ASL ne sono state
costituite solo due, a Guardistallo e Donoratico, con un
funzionamento insufficiente, mentre ne è stata annunciata una a S.
Vincenzo che
tuttavia rimane ancora in fieri per problemi con i medici di
medicina generale, che ricordiamo essere in quel posto, come
altrove, “liberi professionisti” in convenzione con il servizio
sanitario pubblico.
Il progetto regionale prescrive la presenza nelle CdS di medici di
medicina generale: 6 medici per 4 ore nelle CdS “base”, 8 medici per
8 ore in quelle “standard”, 8 medici per 10 ore in quelle
“complesse”.
Si legge anche che si prevede la presenza di “specialisti”, ma a
oggi non ci risulta che non vengano definite le modalità che sono
demandate alla decisione dei responsabili di ciascuna struttura.
È ovvio che questo può generare fortissimi rischi di disomogeneità
nella fornitura dei servizi essenziali come quelli riguardanti la
salute, visto che a decidere saranno dei manager nominati da altri
manager a loro volta nominati (e controllati) direttamente dal
presidente della regione e/o dall'Assessore regionale alla Sanità
mentre i cittadini e i territori, a causa del sempre maggiore
accentramento, saranno sempre più lontani dal poter intervenire
minimamente nel processo decisionale.
Un altro punto che lascia perplessi è quello in cui si identificano
le CdS con le “Unità Complesse di Cure Primarie” (UCCP), strutture
organizzative queste ultime che sono quelle che praticamente
permetterebbero l'integrazione funzionale delle varie
professionalità, strumentazioni e diagnostica. Ebbene queste UCCP
non esistono ancora e non se ne prevede, a causa di mancanza di
fondi, la loro istituzione.
In effetti leggendo la delibera della Giunta regionale toscana
n.117/2015 in cui si cerca di dare più stringenti direttive per la
costituzione di queste strutture, troviamo altre numerose
perplessità
e punti apparentemente poco realizzabili.
C'è da essere scettici quando nella premessa si dice che le “Unità
Complesse di Cure Primarie” (UCCP) le quali secondo la Regione alla
fine del percorso dovrebbero identificarsi con le Case della Salute,
sono parte fondamentale ed essenziale del distretto e viene fatto di
chiedersi come mai per lunghi decenni si sia depotenziato il
distretto sanitario, che già trent'anni fa sarebbe dovuto essere il
fulcro della nuova sanità non centrata sull'ospedale, dove sarebbero
dovuti affluire specialisti, competenze e strumentazione e che
invece sono stati pesantemente ridotti di numero e funzioni. É
curioso che adesso improvvisamente si cerchi d'imporre una svolta
così radicale e viene il sospetto che l'unica caratteristica
veramente funzionale sia il presunto risparmio.
Sempre in premessa a proposito della partecipazione dei medici di
medicina generale, che dovrebbero essere le figure professionali
centrali dela nuova organizzazione, ci si richiama a "prossimi
accordi regionali" cioè ad accordi non ancora definiti né stipulati
(almeno alla data della delibera).
L'unico accordo che è stato fatto in Regione ci risulta essere
quello per le “Aggregazioni Funzionali Territoriali” (AFT) dei
medici di medicina generale, un raggruppamento funzionale,
mono-professionale (nella città di Livorno ce ne sono 4 e una a
Collesalvetti) che ha già comportato la nomina di un responsabile e
con esso la corresponsione di un compenso economico di 1.500 € lordi
mensili.
Le AFT tuttavia sono solo strutture monoprofessionali di
coordinamento e la loro formazione non implica in maniera obbligata
ed immediata l'impegno nelle Case della Salute.
Sono molti gli altri punti oscuri per quello che ne possiamo capire
noi dalla lettura dei più importanti documenti che riguardano le CdS
e da una breve inchiesta presso il personale che dovrebbe essere
interessato.
Ma ciò che lascia più perplessi è il fatto che i provvedimenti
legislativi decretati e gli accordi sindacali siglati sono tutti
"iso-risorse" e cioè senza che venga stanziato un euro in più per
implementarli.
Ed allora la Regione ed il suo Presidente ci devono spiegare da dove
intendono prendere le risorse per dare "possibilità di accesso in
tempo reale per i professionisti operanti nelle sedi UCCP" quando
fra l'altro queste “Unità Complesse di Cure Primarie” non esistono
ancora?
Con quali soldi si dovrebbe operare il "potenziamento della
strumentazione diagnostica di base", cioè acquistare nuove dotazioni
diagnostiche?
Con quale personale, pagato con quali fondi, si dovrebbe ottenere il
"potenziamento dell'assistenza domiciliare e residenziale" che, come
è noto a tutti, implica un notevole impegno di risorse umane?
Forse aumentando lo sfruttamento di quei dipendenti delle
cooperative sociali (private) che spesso già lavorano in quasi
totale spregio dei più elementari diritti? Se invece si intende
trasferire mezzi e risorse umane dai servizi già esistenti, così a
conti fatti non si è potenziato assolutamente nulla.
L’unico argomento potrebbe essere portato a sostegno della
fattibilità economica delle CdS è che esse verrebbero finanziate con
i risparmi.
Ma la Regione Toscana è una di quelle che hanno risparmiato di più
sulla Sanità, e Livorno nella Regione toscana è la prima, e appare
chiaro a lavoratori/trici e cittadini/e che non si può più
risparmiare più nulla.
A nostro parere se, a quasi tre anni dalla loro approvazione, le
“Case della salute” sono un elemento raro che in numerosi territori
ancora non sono conosciute, se in altri territori non si riesce a
trovare l'accordo dei principali attori come i MMG, se è stata
necessaria un ulteriore delibera di giunta (la 117/2015) per
spingere la loro creazione ci sono dei motivi di fondo,
riconducibili principalmente nella mancanza di risorse economiche ed
umane.
Ma la cosa che lascia più sconcertati è che la Regione continua a
inviare messaggi espliciti in cui afferma che le CdS, ancora
fantomatiche, dovrebbero risolvere problemi enormi come la mancanza
di posti letto negli ospedali, l'intasamento dei Pronto Soccorso e
la gestione della cronicità sul territorio e nelle famiglie.
La netta impressione invece è che il richiamo ad esse possa essere
utilizzato per tagliare altri servizi, bene o male funzionanti e di
conseguenza aprire la strada all'intervento dei privati in tutti i
campi della sanità.
Certo, il modello di una sanità pubblica che si fornisce di
strutture e funzioni territoriali che prendano in carico i vari e
diversi bisogni sanitari dei cittadini, dalla prevenzione alla cura
ed alla riabilitazione, coordinando fra loro professionisti di ogni
branca è per noi più che auspicabile, ma il progetto di queste Case
della Salute per la sua organizzazione, per i centri decisionali che
ne determineranno natura e funzioni al di fuori di ogni controllo
delle comunità ed infine per mancanza di risorse non è certo quello
che può andare in questo senso.
Su questo progetto (Case della salute e Unità Complesse di Cure
Primarie” (UCCP) riteniamo utile che ci sia un confronto più ampio
capace di coinvolgere tutti i soggetti coinvolti e fornire ai
cittadini/e tutte le informazioni e la documentazione necessarie per
permettere una valutazione più precisa e approfondita.
In ogni caso, in questa fase, riteniamo più utile per i lavoratori e
le lavoratrici del settore, ma non solo, per tutti i cittadini, che
la CGIL si facesse promotore di una forte campagna di opposizione al
modello toscano di sanità, basato sul concetto della “intensità di
cura” che poi nella realtà si è tradotto in intensità di risparmio,
e sull'introduzione del project financing con le logiche
privatistiche in esso insite. Campagne pur meritorie ma parziali
come quelle tese a chiedere l’applicazione di strutture come la Case
della Salute rischiano, se non inserite nel contesto più generale,
di trasformarsi in una pericolosa quanto controproducente copertura
di politiche di tagli e austerità nella sanità che vanno a colpire
ancora una volta i settori sociali più deboli e fragili.
Il diritto alla salute come quello ad una istruzione pubblica devono
diventare terreni su cui vedere una CGIL impegnata in prima persona
e capace di coinvolgere tutte le categorie e i lavoratori e
lavoratrici nella difesa di questi due fondamentali principi
costituzionali che garantiscono le fondamenta solidaristiche e
universaliste della nostra società.
Ma per avere un simile ruolo si devono abbandonare quegli
atteggiamenti rinunciatari e disarmanti, che diffondono l'idea
dell'impossibilità da parte del sindacato di contrastare le
politiche nazionali ed europee spesso presenti nelle istanze
dirigenti delle categorie e della confederazione nazionale e di
Livorno.
Anche sul terreno del diritto alla salute e della difesa della
sanità pubblica, gratuita e universale bisogna costruire i fronti
più ampi di unità tra lavoratori/trici avendo anche la capacità di
aprirsi e di collaborare con ogni forma di autorganizzazione che si
crea nei territori, senza presunzione, paura, diffidenza, perché il
sindacato ha sempre tutto da imparare dai propri soggetti sociali di
riferimento e che vuole rappresentare.