Questa
privatizzazione non s’ha da fare!
Non
appartiene alla nostra tradizione entrare nelle logiche di "ingegneria
societaria", in quelle costruzioni di "scatole" private, pubbliche,
miste che spesso nascondono logiche, interessi ed intrecci
ambigui.
I
nostri interessi sono più chiari e limpidi: difendere l'occupazione, i
salari, l’ambiente, i diritti dei lavoratori e con essi gli interessi
di tutta la collettività.
Tuttavia,
anche sul terreno "societario", alcune considerazione e ipotesi devono
essere fatte.
La
decisione di andare alla vendita delle proprie quote da parte sia
dell'AP che della CCIAA, secondo una logica di dismissione del
pubblico e di penetrazione di interessi privati, non può e non
deve essere considerata come l'unica strada possibile, quasi come un
processo ineluttabile.
L'analisi
delle partecipazioni azionarie di molte aziende con finalità simili
della Porto 2000 sperse per tutta Italia, stanno al contrario a
dimostrare che a Livorno ci troviamo di fronte ad una precisa volontà
politica che utilizza strumentalmente l'obbligo di
vendita delle quote dell'AP, dato dalla normativa, per favorire
la privatizzazione dell'azienda.
Un
processo che viene presentato come "naturale", ma che in realtà non ha
nulla di obbligato.
Per
fare solo un esempio, la VTP - Venezia Terminal Passeggeri spa - di
Venezia è controllata per il 53% da una società (APVS srl) formata
dalla locale AP (tramite APV Investimenti S.p.A) e dalla finanziaria
Veneto Sviluppo che a sua volta e controllata dalla Regione Veneto che
ne possiede il 51% (le quote rimanenti della Veneto
Sviluppo appartengono a primari Istituti bancari come UniCredit, MPS,
Intesa San Paolo, BNL).
Un'altra strada
alternativa quindi è possibile perché possa continuare ad
esistere un controllo pubblico su questa attività strategica
per il Porto e la città, anche a Livorno.
Dobbiamo
domandarci come mai, al contrario, ci troviamo di fronte a questa
forzatura tesa a vendere ad un unico privato le quote dell'AP e parte
di quelle della CCIAA.
Perché,
dunque, il blocco di potere che tradizionalmente gestisce il porto e
che vede una posizione ambigua - se non interessata, dei sindacati
(compresa la CGIL) - vuole una soluzione di questo tipo?
I
motivi sono in alcuni casi semplici: una Porto 2000 controllata da un
unico soggetto (una
società formata da compagnie
armatoriali come la Moby, Costa Crociera, MSC, Tirrenia ecc.),
può garantire grandi profitti all'investitore e, intorno ad essi,
contemporaneamente, potrà lucrare anche quel settore di
nomenclatura burocratica e parassitaria che ruota intorno al PD,
che da sempre controlla il Porto di Livorno facendosi forte della
propria posizione di rendita politico/istituzionale.
Minimo
impegno in termine di capacità di governo, massimo risultato
clientelare, a cui si
aggiunge la possibilità di carriera e di "promozione" sociale per i
grigi funzionari di partito o sindacali che a fine mandato sognano
finalmente di “passare dall’altra parte” trasformandosi in
rispettabili “manager” (Marcucci, ma non solo, insegna).
Tuttavia
una tale scelta non automaticamente potrà comportare un miglioramento
delle condizioni per i dipendenti i quali al contrario vedranno
ridotto il loro potere di contrattazione di fronte ad un soggetto
potentissimo, che potrà ricattare, prospettando
l'abbandono dello scalo, a suo piacimento.
Anche
un programma di investimento industriale non sarà un ostacolo
per chi può decidere oggi di essere a Livorno, domani trasferirsi a La
Spezia o a Genova, per ritornare a contrattare la propria presenza la
stagione successiva in cambio di minori costi e maggiori privilegi.
Tutto
questo con delle istituzioni portuali e sindacali complici e
subordinate, che mantengono un proprio ruolo solo se
riconosciute (innocue) dalla controparte, e quindi incapaci di
svolgere un qualche ruolo di difesa degli interessi dei lavoratori e
della città.
Ma
crediamo però che ci sia anche qualcos'altro rispetto questa
accelerazione.
Le
aree del porto che saranno coinvolte dalla ristrutturazione delle
banchine fanno gola a molti e per vari motivi.
I
continui riferimenti di Gallanti agli investimenti necessari per il
nuovo Terminal e il waterfront (un intervento urbanistico ed edilizio)
e sulla necessità che un unico soggetto gestisca i servizi passeggeri
e la concessione dei beni demaniali, può portare ad
intravedere l'ennesima speculazione immobiliare, in un'area da
questo punto di vista interessante in quanto parte integrante del
centro cittadino.
Non
è un caso che la società Stazioni Marittime di Genova, oltre a gestire
il traffico passeggeri, si vanta condurre attività immobiliari
nell'area portuale che in questi anni hanno visto la costruzione di
uffici (postali e doganali), banche, negozi, ristoranti, supermarket,
gallerie commerciali, officine ecc.
Non
vorremmo che a Livorno si ripetessero esperienze simili, ripetendo
quell'operazione "Porta a mare" che ha portato alla distruzione
di un importante tessuto industriale (Cantiere navale e
Lips) per favorire le imprese edili coinvolte, vari speculatori
immobiliari o il solito gruppo della distribuzione, senza per altro
apportare alcun aiuto alla drammatica situazione abitativa della
nostra città
Per
evitare il ripetersi di simili eventualità - l'ennesima
terziarizzazione di parte della città al di fuori di qualsiasi logica
che tenga conto dei reali bisogni abitativi e di servizi della
popolazione - e per garantire un servizio come quello "passeggeri" di
interesse generale, oltre che, per ultimo ma non per questo meno
importante, per difendere ed ampliare tutti diritti dei
lavoratori, riteniamo
che il controllo pubblico non deve essere abbandonato.
Regione
e Comune e AP devono quindi mantenere il controllo della Porto 2000.
Certo,
non ci facciamo illusioni che questo possa bastare
per una gestione alternativa e solidale di questo importante
settore portuale: questa è solo una precondizione a cui si devono
aggiungere nuove forme di partecipazione e di controllo
democratico capaci di evitare situazioni come quale di
Venezia con le Grandi navi che devastano e mettono in pericolo la
città subordinando gli interessi collettivi e dei cittadini a quelli
dei Tour operator.
In
questa fase quindi non esistono le condizioni per una vendita delle
quote dell'AP e della CCIAA
Per
questo, perché riteniamo che il privato di per se non garantisce
migliore efficienza e stabilità rispetto il pubblico, bisogna iniziare
a creare le condizioni societarie per il mantenimento di un controllo
pubblico, anche attraverso l'acquisto da parte della Regione Toscana,
in modo diretto o indiretto, delle quote necessarie.
A
rafforzare le nostre preoccupazioni rispetto al bando di gara, il
breve e generico accenno che il Comitato Portuale fa rispetto al
mantenimento dei livelli occupazionali.
Pensiamo
che ai lavoratori ed alle lavoratrici della porto 2000, avendo
svolto un ruolo fondamentale nel risanamento dell'azienda dopo il
disastro compiuto dalla gestione Lenzi, debbano essere garantiti
oltre al mantenimento dei livelli occupazionali, la stabilizzazione
dei precari e i livelli salariali e normativi che l''esperienza della
privatizzazione del trasporto pubblico locale, ATL in CTT, ci dimostra
essere i primi, in queste circostanze, ad essere colpiti.