E la chiamano “riforma della pubblica

amministrazione”...



Dopo il suo insediamento Renzi, col suo tono da eterno promoter, aveva lanciato lo slogan “una riforma al mese”. Ora è arrivato il turno della pubblica amministrazione.

Renzi e Madia, Ministro per la pubblica amministrazione, hanno deciso di aprire una fase di consultazione nel mese di maggio con tanto di lettera agli oltre 3 milioni di dipendenti pubblici nella quale si indicano 44 punti di riforma e nel Consiglio dei Ministri del 13 giugno si sono stabilite una serie di misure.

Alla propaganda iniziale, dunque, sta seguendo un’operazione che ancora una volta mira a colpire il lavoro e i servizi pubblici.

Viene prevista una mobilità coatta dei dipendenti pubblici che saranno costretti a spostarsi obbligatoriamente entro 100 km quando si definiranno degli esuberi. In un colpo soltanto, il governo Renzi e la sua “riforma” vuole cancellare decenni di diritti conquistati dai lavoratori. Che di esuberi e, dunque, di mobilità si parlerà nel prossimo periodo non vi sono dubbi, basta leggere ciò che prevede il piano.

La riduzione delle aziende municipalizzate è il pilastro delle privatizzazioni e dell’attacco ai servizi pubblici. Se a questi punti aggiungiamo l’obiettivo di modificare il codice degli appalti pubblici, senza ovviamente spiegare ancora come, non è difficile immaginare che dietro ci sarà tutt’altro che l’obiettivo di mettere in discussione gli appalti al massimo ribasso.

La soppressione della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e l’attribuzione delle funzioni alla Banca d’Italia aggiunge al danno della vergogna della previdenza integrativa, tanto sponsorizzata dai vertici sindacali, la beffa che i controllori e i controllati saranno i medesimi soggetti: il sistema bancario.

Il governo prevede riorganizzazioni, aggregazioni, accorpamenti e riduzione significativa di enti, unificazioni di servizi di supporto amministrativo, centrali uniche di acquisti. Dietro tutto ciò si nasconde come sempre l’apertura di spazi ai privati attraverso il meccanismo delle esternalizzazioni e/o degli appalti ai privati, fonte importante di profitti.

Per quanto ci riguarda, non si tratta di difendere l’attuale sistema di enti diretti da dirigenti nominati da maggioranze politiche, sistema che lo stesso Renzi potenzia. Si dovrebbe piuttosto rilanciare i servizi pubblici prevedendo un piano di investimenti significativo e un controllo da parte dei lavoratori e dei cittadini fruitori dei servizi. L’Italia è tra i paesi che ha la spesa pubblica primaria, esclusi ammortizzatori sociali e pensioni, rispetto al Pil più basse d’Europa, pari al 29,3% (la Germania spende il 30,1%, la Francia il 38,9%).

Risulta beffardo leggere nella lettera di Renzi/Madia che l’obiettivo è quello conciliare vita e lavoro. Come? Mantenendo il blocco del turn over? Riducendo ancora il numero dei lavoratori che, in molti settori, lavorano con ritmi insostenibili? Una presa in giro visto che il governo non prevede un piano generale di assunzioni ma il rispetto del vincolo sulle risorse per tutte le amministrazioni”. Eppure in Italia il rapporto tra lavoratori della pubblica amministrazione e cittadini è di 55 dipendenti pubblici ogni mille abitanti, simile a quello della Germania il cui rapporto è pari a 61, ma molto più basso di altri paesi come Francia (94), Regno Unito (92) e Svezia (135).

Il duo Renzi-Madia chiede la valutazione dei risultati fatta seriamente” (come? Ovviamente “la Brunetta” non va abrogata, vero?) e, dulcis in fundo, la retribuzione di risultato erogata anche in funzione dell’andamento dell’economia”. Come dire che il blocco del Contratto nazionale degli ultimi 5 anni non è sufficiente perché, visto che l’andamento dell’economia da segni negativi da anni, anche gli stipendi dovrebbero diminuire.

Nei 44 punti di Renzi e nella bozza di riforma, infatti, non una parola sul rinnovo del Contratto nazionale, il cui blocco ha di fatto ridotto le buste paga dei dipendenti pubblici di circa 250 euro al mese, tenendo conto delle stime più basse.

L’arroganza di questo governo è pari a quella di governi precedenti che hanno messo in primo piano l’attacco al ruolo del sindacato. Renzi, infatti, propone la riduzione del 50% del monte ore dei permessi sindacali nel pubblico impiego che, sia chiaro, è agibilità di tanti delegati sindacali che viene messa in discussione.

Ancora una volta l’iniziativa delle direzioni di categoria di Cgil-Cisl-Uil è degna di nota per la sua inutilità. La risposta ai punti del governo è completamente appiattita: ci si è limitati a promuovere una campagna di assemblee unitarie e proporre ai lavoratori di inviare email al governo per chiedere il rinnovo del contratto! Positiva l’iniziativa prevista dall’USB che ha proclamato lo sciopero del settore nella giornata del 19 giugno, sciopero di cui si auspica la riuscita. L’obiettivo, però, dovrebbe essere quello di allargare il più possibile il fronte di lotta per fermare questo attacco che ha pochi precedenti.

Non si lasci campo libero al governo, si presenti una piattaforma generale per il rinnovo dei contratti pubblici che, tra le altre cose, preveda un aumento superiore rispetto a quanto hanno perso i salari in questi anni, si smascheri il governo rispetto alle sue reali intenzioni, si prepari una mobilitazione, questa volta vera.


Mario Iavazzi

Membro del Direttivo Nazionale CGIL