Come è noto a partire dai primo mesi del 2016, dopo che l'attuale giunta e maggioranza regionali, attraverso una serie di garbugli, temporeggiamenti e artifizi, è riuscita ad evitare il confronto referendario richiesto da più di 50.000 cittadini toscani, si è formato un nuovo comitato regionale per la promozione del referendum abrogativo dell'articolo 34 della nuova legge regionale (n. 84/2015) che prevede l'attivazione di convenzioni con privati.
Si tratta di un referendum giusto, anche se indirizzato ad
eliminare solo l' articolo di una legge regionale del 2005 che è stato
acquisito nella nuova legge regionale n. 84/2015, quella che ha
portato, fra le altre cose, all'accorpamento delle ASL.
Infatti l'articolo 34 bis della l.r. 40/2005 ed è inerente le
sperimentazioni gestionali con convenzione; praticamente una testa di
ponte per la privatizzazione di settori del servizio sanitario regionale.
Ecco il testo:
Art. 34 bis “1. Le aziende sanitarie, al
fine di introdurre nell’organizzazione delle prestazioni elementi di
innovazione, economicità ed efficienza, possono, previa sperimentazione,
attivare convenzioni con soggetti privati nel rispetto degli indirizzi
della programmazione sanitaria e sociale integrata regionale e
relativamente alle attività in essa indicate. 2. È fatto obbligo alle
aziende di sottoporre preventivamente alla Giunta regionale lo schema
della convenzione che si intende attivare, unitamente ad una relazione
illustrativa circa le finalità, il funzionamento ed i risultati
gestionali attesi. La Giunta regionale propone l’atto conseguente al
Consiglio regionale che l’approva entro i successivi trenta giorni.
L’attivazione dei rapporti con convenzione avviene nel rispetto di
quanto previsto dall’articolo 9-bis del decreto delegato. 3. Il
Consiglio regionale verifica annualmente l’andamento delle convenzioni
attivate per le sperimentazioni gestionali”. -
Alcune di queste sperimentazioni sono iniziate con il cosiddetto "privato
sociale", cioè associazioni di volontariato come Pubbliche
Assistenze, Misericordie, etc. Per adesso si tratta per lo più di servizi
di diagnostica come ecografie, ma anche complessa come TAC e Risonanza
Magnetica. Si tratta di investimenti di capitali privati i quali,
sia che avvengano nell'ambito del volontariato o direttamente da parte di
una società privata, devono essere ammortizzati e rendere anche un
profitto ovviamente ricavato da denaro sottratto alle risorse
da destinare al servizio pubblico. Poiché chi investe il capitale
deve trarne appunto un profitto non si capisce bene perché le stesse
risorse non possano produrre un servizio migliore nel pubblico che invece
il profitto non lo deve realizzare. Essendo questa amministrazione, e
Rossi in particolare, a gestire la sanità toscana da decenni, tale
disposizione di legge o è l'ammissione di un fallimento gestionale o un
modo per far entrare subdolamente e, successivamente, far crescere il
capitale privato nella sanità pubblica. Un potenziamento della
sanità privata nei fatti è già in atto da anni, da quando cioè
le liste di attesa si sono fatte improponibili. Ecco solo qualche
esempio ricavato dalla tabella ufficiale fornita dall'unità
sanitaria Nord-Ovest per la zona di Livorno per il mese di luglio
2016: Mammografia – 290 giorni, ecografia mammella – 279, visita
ginecologica – 147, visita reumatologica – 164, visita cardiologica – 181,
risonanza magnetica encefalo 174. In questa situazione
alcune fasce di reddito, anche medio-basse (“chi se lo può permettere”),
riescono ad ottenere la stessa prestazione dal privato in pochi giorni
(invece che molti mesi) spendendo pochissimi euro in più rispetto ai
ticket. Certo l'eventuale vittoria in questo referendum non fermerà questa
tendenza, ma ne determinerà una battuta di arresto in alcuni settori ed è
comunque giusto sostenerlo.
Auspicabilmente uno degli effetti della campagna referendaria a Livorno
sarà quello di riaprire il dibattito sul servizio sanitario pubblico nella
nostra zona. In particolare è prevedibile che si dibatta sull'opportunità
di ristrutturare il vecchio ospedale o costruirne uno novo. Intanto
bisogna subito chiarire che l'equazione " strutture murarie vecchie o
antiche = incompatibilità con moderne strumentazioni" non è
necessariamente vera. Basta vedere l'ottimo risultato ottenuto qui in
Toscana, a Firenze centro, dalla ristrutturazione dell'ospedale di Santa
Maria nuova il quale presenta strutture murarie addirittura medievali e
dove è stato possibile installare strumentazioni modernissime compresa una
Risonanza Magnetica di ultima generazione al momento della messa a regime
nel 2009.
Comunque, se fosse provata e non lo è ancora, l'inadeguatezza delle
strutture murarie dell'attuale ospedale di Livorno con l'operatività delle
nuove tecnologie, noi no saremmo pregiudizialmente contrari alla
costruzione di un nuovo presidio. Certo bisogna considerare le questioni
urbanistiche e logistiche ( in questo senso la proposta del nuovo
ospedale a Montenero era assurda) così come bisogna vigilare su eventuali
speculazioni nella vecchia area. Ma secondo noi il dibattito si deve
incentrare sulle caratteristiche finanziarie, strutturali e funzionali d i
questo eventuale nuovo ospedale in quanto servizio pubblico più che come
installazione urbanistica. Perché dal tipo di progetto operativo e
funzionalità previsti si capisce verso quale tipo di sanità si intende
procedere nella nostra zona.
Bisogna avversare in modo assoluto che la nuova struttura venga costruita
con risorse che, anche in parte, provengano dal cosiddetto "project
Financing" che consiste nell'utilizzo di capitali privati in cambio
di concessioni di servizi in esclusiva agli stessi privati
investitori, per lunghi periodi a volte fino a 30 anni. Quasi sempre si
tratta di servizi poco evidenti per il pubblico, ma che stanno alla
base del funzionamento della macchina ospedaliera ( laboratorio o
forniture per lo stesso, forniture del materiale radiologico, pulizia e
igiene, lavanderia, disinfezione etc. etc.) : questo significa mettere
nelle mani dei privati un presidio ospedaliero e rinunciare da parte del
pubblico alla concreta gestione e ripartizione delle risorse.
Altra prospettiva che ci vede contrari è la costruzione di un ospedale
monoblocco. E non per questioni estetiche o architettoniche, bensì perché
una struttura ospedaliera monoblocco risulta economicamente e
funzionalmente efficace solo fino ad un massimo di 400 posti letto.
Attualmente l'ospedale di Livorno ha 433 posti letto cui si devono
aggiungere i 21 posti letto del cosiddetto “ospedale di comunità” che
vengono per lo più utilizzati al momento della dimissione da altri
reparti, quando non è possibile collocare i pazienti immediatamente a
domicilio. Quindi anche costruendo un monoblocco al limite massimo della
sua possibile efficienza si perderebbero 54 posti letto. Per poter
valutare bene questa possibile ulteriore riduzione di ricettività
ospedaliera bisogna ricordare che la toscana è la regione con il più basso
rapporto posti letto/abitanti in Italia e la ASL di Livorno è
quella a sua volta con il più basso in Toscana. Del resto già con
l'attuale numero di posti letto l'ingorgo del nostro pronto soccorso
è dovuto sia all'alto afflusso dall'esterno, cioè a monte,
che alla scarsa ricettività dei reparti, cioè a valle.
Il nuovo ospedale poi non deve essere progettato a nostro parere sul
modello della cosiddetta intensità di cure che, tralasciando una più
dettagliata critica, basta dire qui che dove è stato applicato, a Livorno
come a Firenze come in altre parti, ha destato numerose critiche da utenti
e da operatori, alcuni di questi ultimi essendo studiosi di alto
livello: uno di questi ha affermato che piuttosto che d'intensità di cure
bisognerebbe parlare d'intensità di risparmio. E a proposito di risparmio
va detto esplicitamente che il personale medico e infermieristico continua
ad essere nella nostra zona al di sotto degli standard minimi cosicché
OSS, infermieri e medici, oltre a dover rispondere ogni giorno ad un
utenza sempre più giustamente esasperata, devono sobbarcarsi turni pesanti
con salti dei riposi e arretrati di ferie a volte così lunghi da
essere ineliminabili.
Ci si dirà che il futuro della sanità pubblica non deve essere centrato
sull'ospedale e che al contrario bisogna che il perno della nuova sanità
sia diffuso sul territorio. Noi siamo pienamente d'accordo con questa
impostazione, ma prima ancora pensiamo che sia ineludibile, oltre che
buona pratica, prima di sottrarre servizi, in questo caso posti
letto, avere costruito e strutturato quelli che li sostituiscono o che
comunque li rendono eccedenti.
Prendiamo le case della salute che sono state presentate come fondamentali
per ridurre la domanda di posti letto ospedalieri. Esse sono sulla carta
ormai da anni senza che almeno nella nostra città ne sia stata realizzata
alcuna. Sulle tre previste che comunque sarebbero insufficienti è
annunciata l'apertura di una nel gennaio del 2017. Noi non siamo
contrari all'apertura e all'incremento di queste strutture, e alla
filosofia della medicina d'iniziativa che ne sta alla base. Si tratta di
strutture, che se ben costruite porterebbero al potenziamento
dell'assistenza sul territorio. Ad esse sarebbe affidato il compito, da un
lato, di gestire la cronicità, facendo diminuire per questa tipologia di
assistenza il ricorso al ricovero con il conseguente risparmio di posti
letto ospedalieri, dall'altro di fornire prestazioni diagnostiche di base
e addirittura prestazioni di pronto soccorso, riducendo così la pressione
in ingresso all'ospedale. Riteniamo però che questo progetto
purtroppo, così come presentato, sia di inconsistente efficacia.
Primo perché il numero delle case della salute è insufficiente. Secondo
perché sono sottofinanziate: basti pensare che per la Provincia di Livorno
si finanziano 6 case della Salute per un totale di 630.000 euro, poco più
di 100.000 euro a unità. Terzo, conseguenza del secondo punto, perché
prevedono una quantità e una qualità di operatori insufficienti e un
numero di ore di presenza incongruo. Quarto per la modalità di
realizzazione che assegna la funzione principale ai medici di base,
cioè a dei liberi professionisti. Questa affermazione non vuole togliere
nulla alla professionalità e all'impegno di queste figure, che però hanno
una visione ed un'azione nella struttura appunto da liberi professionisti.
A nostro parere per un progetto di così ampio respiro servirebbero
operatori dipendenti pubblici con una mission specifica indirizzata alla
realizzazione del progetto di una rete territoriale pubblica forte
la quale com'è ovvio integri anche l'operatività dei medici di base. Solo
come esempio a nostra conoscenza uno dei motivi più importanti per il
mancato decollo di almeno una delle Case della Salute della provincia è
stata proprio la difficoltà a interagire con i medici di base e
regolamentare il loro contributo.
Infine come non ricordare che i tagli operati negli ultimi lustri a
livello nazionale e regionale rendono del tutto illusorio pensare non solo
di migliorare la sanità territoriale così da promuovere una
“deospedalizzazione” , ma perfino di mantenerne la attuale efficienza. E
per sovrappiù pare che la legge finanziarie del 2017 preveda un ulteriore
definanziamento di un miliardo e mezzo di euro, con conseguente
accelerazione del decadimento della sanità pubblica e dilatazione di
quella privata.
Livorno 17/10/2016