Pubblichiamo un articolo di Pierre Rousset apparso il 31/1/2014 su La Gauche
Traduzione di Lillo Cannarozzo
Una
fuga massiccia di documenti confidenziali ha mostrato la massa di beni
piazzati nei paradisi fiscali da individui legati agli ambienti del
potere in Cina.
Nell'aprile
del 2013 il Consorzio Internazionale del Giornalismo Investigativo
(ICIJ) ha beneficiato di una "fuga monumentale" : 2 milioni e mezzo di
documenti concernenti operazioni gestite da due dei maggiori fornitori
di "servizi offshore": Portcullis
TrustNet, basato a Singapore, e Commonwealth Trust Limited,
basato nelle isole Vergini britanniche (Caraibi).Su
questo
si è innestata una grande inchiesta
giornalistica denominata « Offshore-Leaks » imperniata
sull'importanza del ruolo giocato dai paradisi fiscali
nell'economia mondiale. In seguito a queste rivelazioni sono
scoppiati numerosi scandali che hanno coinvolto uomini e
partiti politici, grandi patrimoni (Rothschild), banche come
il Crédit agricole e la BNP-Paribas in Francia, ambienti
vicini al Cremlino in Russia...
Ma
sorpresa fra le sorprese questi documenti riguardavano anche circa
22000 residenti nella Cina continentale e a HongKong. Ci sono voluti
svariati mesi ad una equipe di giornalisti che comprendeva anche dei
cinesi per identificare questi ultimi soggetti. Trenta giornali sono
associati a livello internazionale nell' ICIJ.
Nel gennaio 2014 i risultati delle investigazioni sono stati
resi pubblici. Le Monde, dal numero
di
gioved' 23 a quello
di sabato 25 ha pubblicato in
Francia un dossier di 12 pagine. La redazione definisce i
contenuti dell'inchiesta "mozzafiato" tanto sono vaste le
fortune ammassate, e nota che le implicazioni per l'economia
sono al di là di qualsiasi previsione. " non esiste un settore economico
cinese, dal petrolio alle energie rinnovabili,
dall'estrazione mineraria al commercio delle
armi, che
non compaia nei documenti in possesso deill' ICIJ e dei suoi associati".
Attraverso
Trustnet,
una società denominata
PricewaterhouseCoopers ha contribuito alla creazione di più
di 400 società off-shore per
clienti
della Cina continentale, di HongKong e di Taiwan. La
banca svizzera UBS da parte sua
ha messo mano alla creazione di più un migliaio di "entità
offshore". Non ci sono solo capitali
privati, legali o meno, che utilizzano paradisi fiscali come
le Isole Vergini, le Kaiman o le Bermude: neppure le azienda
statali, in particolare
i giganti nazionali
del settore petrolifero, se ne astengono. Sorde
guerre si combattono su questo terreno, all'interno del
quale il PCC può intervenire brutalmente incarcerando
avvocati d'affari o dirigenti di società caduti in
disgrazia. L'universo molto capitalista dell'offshore fa ora
parte della vita economica e politica del regime
post-maoista.
Nel
cuore
dell'inchiesta dell'ICIJ si collocano i cosiddetti "principi rossi"
- "legati
per
sangue o per matrimonio"
ad alti dirigenti del partito o dello stato – i quali hanno
approfittato del segreto bancario per creare società
offshore dove piazzare i loro guadagni illeciti: parenti
dell'attuale
presidente Xi Jinping, del suo predecessore Hu Jintao, degli
ex primi ministri Wen Jiabao e Li Peng, ma anche almeno
quindici dei più grandi patrimoni del paese, membri
dell'assemblea nazionale, generali... I paradisi fiscali
permettono di creare impreseche sfuggono ai controlli delle
autorità, di nascondere i veri proprietari di una societrà,
di operare nella massima opacità, di riciclare denaro, di
essere quotati su una piazza estera scavalcando gli ostacoli
giuridici per l'ingresso in borsa, di falsificare i prezzi
delle merci importate o esportate, di sciogliere quasi
istantaneamente una "entità" per evitare procedimenti
giudiziari...I suddetti paradisi finanziari
accolgono anche il frutto della corruzione, delle tangenti,
dell'elusione massicciadi denaro mettendo favolose ricchezze
al riparo ( almeno per ora ) della giustizia, ma anche dal
regolamento dei conti all'interno del partito.
Le
somme
implicate sono gigantesche. L'inchiesta dell'ICIJ acclara il
ruolo delle istituzioni finanziarie occidentali nel
funzionamento del sistema con in prima fila l'UBS – la più
grande banca europea di gestione – e il Credite Suisse. Le
banche favoriscono i movimenti occulti o illeciti dei
capitali, in cambio i "principi rossi" aprono loro le porte
del potere politico. Per dirla in breve l'attuale elite
cinese si comporta come qualsiasi elite borghese sulla
faccia della terra!
Tutti
riconoscono
che il capitalismo fiorisce in Cina, ma alcuni credono
ancora ( a destra come a sinistra) che lo stato resti
"comunista"(?) dal momento che il partito mantiene il
controllo della politica economica. L'indagine ICIJ è
un'ulteriore conferma del livello dei rapporti incestuosi
intrattenuti oggi da potere e capitalismo.
Prima
delle
riforme economiche avviate nel 1980 da Deng Xiaoping,
rinforzate nel 1997 dal passaggio di Hong Kong (colonia
britannica) alla Cina continentale, gli
accessi "del figlio di" o "della figlia di" (come nel casodi
Li Xiaolin, figlia di Li Peng) al mondo internazionale degli
affari non sarebbero
stati
possibili.
I privilegi dell'alta burocrazia erano legati alla sua
funzione. La fortuna di un capitalista è invece
privatizzabile, trasmissibile alla sua famiglia. La
differenza
è fondamentale.
Fra
un
burocrate ed un borghese non c'è più quindi la muraglia
cinese.
Pierre Rousset