sulle ultime novità e sulla situazione all'ENI di Livorno
Non solo per la fumosità dei progetti che dovrebbero essere realizzati una una volta superata l'attuale congiuntura positiva per la raffinazione data dal crollo del prezzo del petrolio (l'impianto di Gnl-gas liquido per il trasporto via acqua e gomma di cui però l'ENI non ha ancora fornito alcun dettaglio credibile), ma soprattutto perché già oggi, dai prossimi mesi, l'ENI chiede una ottimizzazione per quanto riguarda efficienza e produttività, cioè maggiore flessibilità ed "efficienza" del lavoro.
Secondo quanto dicono i sindacati la
multinazionale pretende di legare direttamente ad una maggiore
flessibilità, produttività ed efficienza dei lavoratori dello stabilimento
ogni tipo di suo impegno futuro.
Questo in un impianto decisamente vecchio, tecnologicamente arretrato e
senza una precisa, consistente e trasparente politica di
investimenti tesa ad un ammodernamento dell'attuale processo di
raffinazione.
Per l'ENI l'aumento della produttività quindi dovrà essere ottenuta solo
come riduzione del costo del lavoro e maggiore sfruttamento, non come
conseguenza di rinnovamenti tecnologici degli impianti. E il blocco
previsto per queste settimane non può rientrare certamente nella categorie
dei "nuovi investimenti" in quanto riguarda solamente una dovuta
manutenzione straordinaria imposta dalla normativa.
La traduzione del termini "efficientizzazione" (?) è dunque semplice: riduzioni salariali, della sicurezza e dei diritti in cambio del mantenimento degli attuali livelli occupazionali.
Ma per chi?
Premesso che i lavoratori ENI hanno una serie di coperture e una forza
contrattuale che possono garantire una parziale protezione da questi tipi
di minaccia, i pericoli ricadranno prevalentemente sui lavoratori del
settore della manutenzione; metalmeccanici, edili, dei servizi.
Già nei mesi passati abbiamo assistito ad accordi aziendali in imprese
dell'indotto in cui si imponevano riduzioni salariali (rinuncia alla
14esima, della reperibilità e non solo) in cambio del mantenimento
dell'occupazione.
Ma a luglio questa tendenza rischia di generalizzarsi in quanto cade una
scadenza significativa: un nuovo bando nazionale per le imprese della
manutenzione.
Si rischia di assistere ad una corsa al ribasso delle offerte senza che ci sia alcuna garanzia relativa al mantenimento di salari e condizioni di lavoro dignitosi per tutti/e.
Questa nuova gara si svolgerà inoltre nel
nuovo quadro normativo del lavoro, quella del Jobs Act con i nuovi
contratti a tutele crescenti.
L'eventuale aggiudicazione dell'appalto da parte di nuove imprese potrebbe
portare al licenziamento dei lavoratori oggi dipendenti delle aziende
attualmente operanti nello stabilimento per essere assunte dalla nuova
aggiudicataria.
Con che contratti? Con quali garanzie sui livelli di sicurezza dei
lavoratori e lavoratrici? L'eventuale clausola di salvaguardia riguarderà
anche il tipo di contratto pre Jobs Act?
Su questo le OOSS devono essere determinate fin da subito, mettendo in
campo tutte le misure necessarie nei confronti dell'ENI affinché nel
prossimo bando di gara vi sia l'obbligo di garantire tutti gli attuali
livelli occupazionali, gli stessi diritti, e soprattutto gli attuali
contratti a tempo indeterminato e senza tutele crescenti.
In assenza di tale garanzie si devono programmare immediatamente delle
forme di mobilitazione ed agitazione capaci di imporre queste condizioni
minime.
Tutto questo tenendo conto del clima esistente dato dall'ultima delle provocazioni padronali che richiede ai lavoratori chimici, con la scusa della deflazione, la "restituzione" di 79 euro (cifra così prossima ai famosi 80 euro elargiti dal governo Renzi da sembrare più che una semplice coincidenza) e dell'esperienza negativa degli ultimi contratti dei chimici che prevedono deroghe aziendali per tutte le materie del CCNL nazionale con conseguenze che sono risultate nefaste per i lavoratori e le lavoratrici della categoria.
Inoltre anche la Regione Toscana e le
istituzioni locali, piuttosto che piegarsi supinamente alle minacce delle
aziende, come in questo caso di una multinazionale che non ha certo
problemi finanziari per gli investimenti ridotti che promette, deve
smettere di garantire sostegni e soldi pubblici (cioè dei cittadini) a chi
non ne ha certamente bisogno, ed imporre al contrario garanzie di tutela
nei confronti dei lavoratori/trici.
Anche perché l'ENI non ha smentito la sua volontà di vendere o di creare
una joint venture, obiettivo oggi evitato per altro non dalla capacità
d'opposizione e di mobilitazione espressa dai sindacati e dai
lavoratori/trici (assai debole), ma per la semplice inconsistenza dei
soggetti coinvolti nella trattativa.
I sindacati devono dimostrare, in tutti i
modi, di non accettare nei fatti, e non solo nelle dichiarazioni, le
controriforme del governo Renzi, dal Jobs Act alle politiche di
privatizzazione, rivendicando per tutti/e i poteri d'acquisto dei salari
(crollati in questi ultimi decenni), l'occupazione e la pienezza di tutti
i diritti.
La posta in gioco, in modo particolare per la CGIL come più grande
sindacato italiano, è il giudizio di credibilità e utilità da parte dei
lavoratori e delle lavoratrici e lo scivolamento dalla sua attuale crisi
ad un declino definitivo come sindacato indipendente e conflittuale.
Anna Della Ragione
il sindacato è un'altra cosa - opposizione CGIL Livorno