Riproduciamo il comunicato diramato dall'area progammatica " Il sindacato è un'altra cosa - opposizione in CGIL"

sulle ultime novità e sulla situazione all'ENI di Livorno

Di Anna Della Ragione
 
Le conclusioni dell'incontro con il Ministero relative al futuro dell'Eni, se da un alto permettono di rilasciare un sospiro di sollievo riguardo la vendita a privati, dall'altro evidenziano che continuano a sussistere pericoli per i lavoratori e le lavoratrici che operano nell'impianto di Stagno.

Non solo per la fumosità dei progetti che dovrebbero essere realizzati una una volta superata l'attuale congiuntura positiva per la raffinazione data dal crollo del prezzo del petrolio (l'impianto di Gnl-gas liquido per il trasporto via acqua e gomma di cui però l'ENI non ha ancora fornito alcun dettaglio credibile), ma soprattutto perché già oggi, dai prossimi mesi, l'ENI chiede una ottimizzazione per quanto riguarda efficienza e produttività, cioè maggiore flessibilità ed "efficienza" del lavoro.

Secondo quanto dicono i sindacati la multinazionale pretende di legare direttamente ad una maggiore flessibilità, produttività ed efficienza dei lavoratori dello stabilimento ogni tipo di suo impegno futuro.
Questo in un impianto decisamente vecchio, tecnologicamente arretrato e senza una precisa,  consistente e trasparente politica di investimenti tesa ad un ammodernamento dell'attuale processo di raffinazione.
Per l'ENI l'aumento della produttività quindi dovrà essere ottenuta solo come riduzione del costo del lavoro e maggiore sfruttamento, non come conseguenza di rinnovamenti tecnologici degli impianti. E il blocco previsto per queste settimane non può rientrare certamente nella categorie dei "nuovi investimenti" in quanto riguarda solamente una dovuta manutenzione straordinaria imposta dalla normativa.

La traduzione del termini "efficientizzazione" (?) è dunque semplice: riduzioni salariali, della sicurezza e dei diritti in cambio del mantenimento degli attuali livelli occupazionali.

Ma per chi?
Premesso che i lavoratori ENI hanno una serie di coperture e una forza contrattuale che possono garantire una parziale protezione da questi tipi di minaccia, i pericoli ricadranno prevalentemente sui lavoratori del settore della manutenzione; metalmeccanici, edili, dei servizi.
Già nei mesi passati abbiamo assistito ad accordi aziendali in imprese dell'indotto in cui si imponevano riduzioni salariali (rinuncia alla 14esima, della reperibilità e non solo) in cambio del mantenimento dell'occupazione.
Ma a luglio questa tendenza rischia di generalizzarsi in quanto cade una scadenza significativa: un nuovo bando nazionale per le imprese della manutenzione.

Si rischia di assistere ad una corsa al ribasso delle offerte senza che ci sia alcuna garanzia relativa al mantenimento di salari e condizioni di lavoro dignitosi per tutti/e.

Questa nuova gara si svolgerà inoltre nel nuovo quadro normativo del lavoro, quella del Jobs Act con i nuovi contratti a tutele crescenti.
L'eventuale aggiudicazione dell'appalto da parte di nuove imprese potrebbe portare al licenziamento dei lavoratori oggi dipendenti delle aziende attualmente operanti nello stabilimento per essere assunte dalla nuova aggiudicataria.
Con che contratti? Con quali garanzie sui livelli di sicurezza dei lavoratori e lavoratrici? L'eventuale clausola di salvaguardia riguarderà anche il tipo di contratto pre Jobs Act?
Su questo le OOSS devono essere determinate fin da subito, mettendo in campo tutte le misure necessarie nei confronti dell'ENI affinché nel prossimo bando di gara vi sia l'obbligo di garantire tutti gli attuali livelli occupazionali, gli stessi diritti, e soprattutto gli attuali contratti a tempo indeterminato e senza tutele crescenti.
In assenza di tale garanzie si devono programmare immediatamente delle forme di mobilitazione ed agitazione capaci di imporre queste condizioni minime.

Tutto questo tenendo conto del clima esistente dato dall'ultima delle provocazioni padronali che richiede ai lavoratori chimici, con la scusa della deflazione, la "restituzione" di  79 euro (cifra così prossima ai famosi 80 euro elargiti dal governo Renzi da sembrare più che una semplice coincidenza) e dell'esperienza negativa degli ultimi contratti dei chimici che prevedono deroghe aziendali per tutte le materie del CCNL nazionale con conseguenze che sono risultate nefaste per i lavoratori e le lavoratrici della categoria.

Inoltre anche la Regione Toscana e le istituzioni locali, piuttosto che piegarsi supinamente alle minacce delle aziende, come in questo caso di una multinazionale che non ha certo problemi  finanziari per gli investimenti ridotti che promette, deve smettere di garantire sostegni e soldi pubblici (cioè dei cittadini) a chi non ne ha certamente bisogno, ed imporre al contrario garanzie di tutela nei confronti dei lavoratori/trici.
Anche perché l'ENI non ha smentito la sua volontà di vendere o di creare una joint venture, obiettivo oggi evitato per altro non dalla capacità d'opposizione e di mobilitazione espressa dai sindacati e dai lavoratori/trici (assai debole), ma per la semplice inconsistenza dei soggetti coinvolti nella trattativa.

I sindacati devono dimostrare, in tutti i modi, di non accettare nei fatti, e non solo nelle dichiarazioni, le controriforme del governo Renzi, dal Jobs Act alle politiche di privatizzazione, rivendicando per tutti/e i poteri d'acquisto dei salari (crollati in questi ultimi decenni), l'occupazione e la pienezza di tutti i diritti.
La posta in gioco, in modo particolare per la CGIL come più grande sindacato italiano, è il giudizio di credibilità e utilità da parte dei lavoratori e delle lavoratrici e lo scivolamento dalla sua attuale crisi ad un declino definitivo come sindacato indipendente e conflittuale.

Anna Della Ragione
il sindacato è un'altra cosa - opposizione CGIL Livorno